La displasia dell'anca è una deformità articolare che ha inizio durante la gravidanza, ma continua ad evolvere durante i primi anni di vita del bambino. Essa comprende un complesso di anomalie di sviluppo e di conformazione dell’articolazione coxo-femorale, in conseguenza delle quali possono modificarsi i normali rapporti articolari e, nei casi estremamente gravi, possono determinare lussazione dell’articolazione stessa.
Essa è, per frequenza, la prima malformazione congenita dello scheletro. In particolare in Italia è stata descritta con un’incidenza che si aggira intorno al 1% della popolazione. La displasia è un'affezione quasi esclusiva della razza biancacaucasica. In Italia, la Pianura Padana, l'Emilia Romagna e la Puglia sono i territori in cui si osserva la maggiore incidenza di displasia. Le femmine sono maggiormente colpite rispetto ai maschi, con un rapporto di 5:1 per la lussazione e solo di 1,74:1 per le displasie di lieve entità.
La causa della displasia non è chiara. Si accredita l’ipotesi che su un terreno predisponente (marcata lassità legamentosa e capsulare) si associno particolari posizioni assunte dal feto come la presentazione podalica o un lungo impegno nel canale del parto. Altri fattori di rischio sono rappresentati dalla familiarità, dalla presenza di piede torto congenito, dall’oligo o dal polidramnios (rispettivamente liquido amniotico scarso e liquido amniotico abbondante).
La diagnosi precoce riveste un ruolo fondamentale non solo per quanto riguarda l’evoluzione clinica della patologia, ma soprattutto per la scelta del trattamento da effettuare, permettendo di ricorrere ad approcci esclusivamente incruenti che hanno mostrato risultati molto soddisfacenti.
Di massima importanza è l'esame ecografico, attualmente il gold standard della diagnosi di displasia che, oltre a permettere una visualizzazione delle strutture molli, non risulta dannoso in quanto impiega gli ultrasuoni e non raggi X.
Un'ecografia dell'anca entro il terzo mese dalla nascita a scopo di screening è altamente raccomandata, anche in assenza di alcun sospetto, perché solo una diagnosi precoce può permettere un idoneo trattamento, evitando le note sequele invalidanti. Un esame più precoce a 4 settimane di vita è consigliabile nei bimbi con fattori di rischio prima riportati.
In età neonatale è possibile ricondurre un’anca displasica ad un'anca normale o quasi solo con l'impiego di divaricatori. Raramente, e di solito in caso di diagnosi tardiva, sono necessarie manovre di riduzione e successive ingessature. Nei casi ribelli a queste terapie, il chirurgo ortopedico pediatrico può ricorrere ad interventi di riduzione associata ad osteotomie femorali o pelviche.